Monday, June 27, 2011

Goodbye Leo



Non era normale. Se ne stava sotto la camelia più grande, quella che offriva maggior riparo dal sole implacabile.. Ma la giornata era calda, troppo calda per lui. Di solito dopo pochi minuti rientrava in casa. 

Oggi no.

Me la sono presa. Anzi, mi sono sentito offeso da questo cane che non mi faceva le feste, nonostante fossi addirittura tornato a casa per pranzo. Mi sono quasi arrabbiato, e me ne pentirò per sempre.

Laura mi ha raccontato che Leo aveva annusato la casa centimetro per centimetro, senz'altro rintracciando la presenza dei suoi cugini che avevano passato qui un paio di giorni del loro giro turistico del vecchio West. Poi s'era messo a dormire sotto la sua scrivania. Aveva fatto molta fatica ad alzarsi, e dopo un po' aveva deciso di mettersi sotto la pianta, tutto solo.

Non esce nemmeno per mendicare un po' di pasta al tonno. Pensiamo che sia arrabbiato perché l'avevamo lasciato al dog hotel per ben tre settimane. Ma se restava fuori più a lungo si disidratava sul serio, per cui gli ho infilato il guinzaglio e l'ho portato in veranda. Lì Laura si è accorta che aveva le gengive bianche. Una veloce ricerca conferma quello che sospettavamo: anemia, forse emorragia interna. Forse è meglio andare dal veterinario subito, pensiamo, e facciamo salire il cane barcollante in macchina.

Ce la fa appena a camminare, e quando può si sdraia. Non gli importa più di nulla, vuole solo dormire. La dottoressa appare quasi in lacrime: Leo è in situazione critica, se non si fa nulla gli rimangono solo poche ore. Una siringa rivela che la cavità addominale è piena di sangue. Ma con un litro di fluidi via endovena riesce a camminare ancora. Dobbiamo sapere, dobbiamo essere sicuri. Non è possibile, non può succedere oggi. Non può succedere mai.

Lo ricarichiamo in macchina, e questa volta non ce la fa proprio da solo, dobbiamo tenerlo perché non cada dalla rampa. Lo portiamo all'ospedale giù in città. Ultrasuoni, raggi X, esami del sangue. Non ha metastasi ai polmoni, ma il fegato appare deformato, e c'è una massa tumorale alla milza che ne richiede l'asporto. Con l'operazione, tre mesi in più di vita. Quattro con la chemio. Magari sei con la buona condotta.

Si addormenta tra le nostre braccia. È bianco come il latte quel liquido che il veterinario inietta in uno dei cateteri della sua povera, povera zampa martoriata.  Laura gli mormora le parole che gli abbiamo sempre ripetuto: fai il bravo, cura, bravo cagnone. Ce ne andiamo prima della seconda iniezione, quella del barbiturico che gli fermerà per sempre il battito del cuore, sempre così forte quando lo portavo dal veterinario, quando voleva scappare ogni volta che si apriva la porta. 

Ma oggi non era così. 

Oggi quando è entrato all'ospedale ha tirato il guinzaglio con le poche forze che gli rimanevano per trovare un angolino buio dove poter riposare, e morire in pace. Un posto tranquillo qualsiasi, visto che l'avevamo portato via dalla sua pianta preferita. 

Addio Leo, amico carissimo. 

I look into his eyes, and I find myself transported in another time, when surviving through the night depended on how long the campfire lasted, and on his alertness to danger. And every night, together we dream of those times, we run, and hunt, and get back tired and satisfied to our caves, just in time to start a new day.

His soft fur smells of faraway places, his paws scratch like sandpaper. I watch him  finding sparkling gems of  happiness carved in the safety of habit, in the comfort of good food, and in my warm embrace.

I stand by him and weather the passing of time. Day by day I learn what to expect. With his tragically short lifespan he plays for me the notes of the ephemeral allegro of youth, the downtempo of old age, the denouement of the finale, and the glorious symphony of each day and night in between.

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