Tuesday, May 3, 2011

Prove pratiche di cicloturismo

Avrò avuto quattordici anni quando ebbi l’intuizione che in sella ad un bicicletta potevo andarmene dove volevo senza dover dipendere più da nessuno. Misi le mani all’epoca su una guida del Touring Club Italiano (che ancora viene ristampata). Mi sembrò all’epoca una trovata geniale: l’indipendenza, l’avventura, il mondo sconfinato da esplorare senza limiti. Come mi è capitato spesso nella vita imparai il libro a memoria, e divenni un esperto della teoria, esitando a mettere in pratica quanto appreso. Sono passati gli anni, e tra le tante avventure che ho vissuto, quella a cavallo di una bicicletta ancora tardava ad arrivare. Non sono mai stato molto lontano dai pedali, ovviamente: ma è una questione, sono convinto, filosofica. Qualcosa che ho impiegato una trentina d’anni per capire veramente. Ma andiamo con ordine.

Caricata la bici sono partito una domenica mattina di primavera, per un breve S24O, un Sub-24 Overnighter, un tour ciclistico da compiersi in meno di 24 ore. Una prova insomma, per un viaggio più impegnativo da affrontare in un prossimo futuro. Proprio per questo me la sono presa un po’ più comoda, infrangendo il limite delle 24 ore, e usando il Lunedì mattina per rientrare al lavoro. Ho anche deciso che il campeggio, per quanto economico, avrebbe aumentato considerevolmente il peso da trascinarmi dietro. D’accordo con la libertà, ma la preferisco addolcita di comodità.

SalsaLa Jamis Aurora è a punto, ben lubrificata e controllata, ho cambiato la gomma posteriore con una rinforzata al kevlar. Thomas alla Santa Barbara Wheelhouse ha installato una nuova pipetta Salsa più corta e comoda, per migliorare la posizione di guida. Le borse laterali sono Arkel, appena arrivate via UPS. Sono di fattura canadese, così come il “rack pack” sul portapacchi posteriore della Axiom, a prova di pioggia, dove stivo tra le altre cose qualche aggeggio elettronico di quelli di cui non si riesce a fare a meno (uno per tutti: il mio Kindle!).

Ho studiato e perfezionato il carico ideale, bilanciandolo tra le borse per la migliore manovrabilità. Una volta in velocità la bici va come un treno, stabile e manovrabile. Certo che arrivarci, in velocità, è tutta un’altra cosa rispetto alle uscite domenicali sulla mia gazzella al carbonio marca Colnago Cristallo. L’assetto è completamente diverso, ma quello che manca è l’ebbrezza della velocità pura, il brivido della competizione. Il ritmo del turista, mi accorgo presto, è ben diverso. Si snoda attraverso tutta una giornata, fatta di lunghi silenzi, di caldo e freddo estremi, ma anche di piacevoli sorprese dietro l’angolo: raramente si va così forte da non potersi fermare per una foto, un secondo sguardo, un saluto e quattro chiacchiere. E’ la differenza tra leggere un romanzo piuttosto che ascoltare una barzelletta, per quanto divertente essa sia. Solo ieri pedalavo su un telaio leggero come un respiro. Oggi mi sembra di cavalcare una locomotiva, solida, sicura, ma ben più difficile da portare a velocità di crociera. Identificandomi con la bicicletta, mi sembra di aver messo su una cinquantina di libbre sotto la vita. Le salite diventano un lavoro di pazienza, una meditazione zen dove il mantra ripetuto è il pedalare lento e costante. Poi un bimbo saluta dal ciglio della strada, o un cervo osserva pacifico all’ombra di un albero, o semplicemente la strada si fa deserta e trionfa il silenzio. Nirvana dietro la porta di casa.
Che cosa ho imparato da questa breve escursione? Prima di tutto qualcosa che sapevo già: che l’obiettivo non è arrivare, ma il viaggio stesso. È qualcosa che è bene ricordarsi ogni giorno della propria vita. Una volta a destinazione, in albergo o in campeggio che sia, saranno la necessità di rifocillarsi e prepararsi a una notte di sonno ristoratore che prenderanno il sopravvento. La vera soddisfazione è in ogni chilometro di asfalto superato, propulsi dalle proprie forze, e nello spettacolo incomparabile di un paesaggio che si può raggiungere allungando una mano, piuttosto che visto scorrere troppo veloce dal finestrino sigillato di un abitacolo ad aria condizionata.

Altre scoperte sono di tipo un po’ più pratico e spero tornino utili in future escursioni:
  • Una bottiglia d’acqua di scorta (magari tenuta in freezer la notte precedente, in modo che resti fresca il più a lungo possibile), nascosta in fondo alla bicicletta dove non si può bere soprappensiero, può fare la differenza tra una bella giornata e una traversata del Sahara alla disperata ricerca di un’oasi. 
  • Si pedala in salita perché si deve, ci si riposa in discesa perché si può.
  • And last but definitely not least, comprarsi i pantaloncini più imbottiti che si trovano sul mercato credo sia il miglior investimento possibile… 

Andata:

...e ritorno:

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