Tuesday, March 22, 2011

Santa Cruz

Ciclisti ovunque, anche in questa giornata tempestosa. Il casco è optional, ma la cuffietta peruviana obbligatoria, così come i birkenstocks con calzettoni di cotone grezzo. Con il mio abbigliamento ciclistico standard devo davvero dare nell’occhio. Ma nessuno sembra fare caso ad alcunché, penso, mentre mi passa accanto un tizio con i capelli rosa fluo che vocia al suo cellulare. Road bikes adattate al circuito cittadino, biciclette allungate con ruote posteriori oversize, vecchie mountain bike, qui c’è di tutto. 
UCSC: a cyclist's dream
A cyclist's dream
Il traffico è nervoso, ma non è difficile uscirne, risalire le pendici delle colline attraverso strade più tranquille. Capelli lunghi, beret da Rive Gauche, certa gente che passa per strada è ancora più fuori dal tempo di queste case vittoriane a  colori vivaci, deformate da espansioni fantasiose e spesso dall’aspetto pericolante. Per quanto pedali non riesco ad uscire da questa strana dimensione a metà tra trendissima alternativa e stinti anni sessanta. 

Le salite arrivano repentine, dieci-dodici per cento, esplodono poi svaniscono in un falsopiano. Strade create per le automobili, come a San Francisco, ma qui riconquistate in qualche modo dalle biciclette. Il vento taglia la faccia, gravido di umidità che arriva dal mare. Una tempesta è in arrivo, ma il sole ancora occasionalmente sorride.

Poi il fasciame edoardiano e vittoriano lascia il posto a copie mediocri troppo lisce e troppo curate. Appartamenti forse costruiti per il personale dell’università. Cerco una svolta che mi salvi dall’uniformità e la trovo, poco  più di un sentiero che si inerpica tra i redwood. UC Santa Cruz arriva di sorpresa, sembrano edifici agricoli, infatti lo sono: un vecchio ranch, il Cowell è stato colonizzato dalle strutture della University of California, e il lower campus è distribuito in una serie di vecchi granai, all’ombra di redwood secolari. 

Poi tutto sparisce, lascio alle spalle i barns del lower campus e mi trovo tra colline ondulate e pascoli verdi. Un cartello poco rassicurante segnala la presenza di puma nell’area. Ho vissuto abbastanza in California per sapere che di solito tali timori sono infondati. Di solito. Ma avvisto il campus superiore, molto più in alto, marcato da una linea all’apparenza impenetrabiule di redwood che in cima alla collina si stagliano contro il cielo grigio e tempestoso. 

Gli edifici emergono dagli alberi, timidamente, come se non volessero farsi vedere, e lasciassero al visitatore l’impressione che questo posto è ancora come cento, o cinquecento anni fa. Cerbiatte brucano o ruminano tranquille sdraiate nell’erba ai confini el campus. A Santa Barbara, sarebbero sorority girls alla ricerca della prima abbronzatura della stagione. 

Poi, dopo aver assorbito la vista mozzafiato di nuovo in discesa. La pista ciclabile che scende attraverso canyon verdi è divertente come un ottovolante, ma molto più spettacolare, con improvvise risalite che rivelano scorci della Monterey Bay. Il vento è implacabile. Mi butto nelle pieghe del manubrio e volo verso la città ai miei piedi. 

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